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Escursione

L’ ESCURSIONE

L'escursionismo è una attività connessa con la montagna come l'alpinismo, ma si differenzia da questo per gli obiettivi. L'alpinismo è nato e si è sviluppato, prima per conquistare le vette, poi per scalarne le vie più difficili. L'escursionismo si propone di godere delle bellezze naturali delle montagne senza necessariamente doverne salire le cime. Si parla di escursionismo di bassa quota quando si percorrono sentieri ben tracciati e segnalati senza superare i 2000-2500 metri di altitudine; di alta quota quando invece si affrontano itinerari più impegnativi, sentieri accidentati non segnalati o addirittura assenti, quando si attraversano nevai o zone impervie. A qualsiasi livello si pratichi l'escursionismo, comunque, è necessario possedere delle conoscenze di base per l'orientamento, per una corretta alimentazione, e alcune nozioni di pronto soccorso. Se poi si pratica dell'escursionismo più impegnativo, diventa indispensabile prendere confidenza con alcune tecniche che sono proprie dell'alpinismo, come quelle relative all'arrampicata in roccia e alla progressione sul ghiaccio.

SUL SENTIERO

Non esiste alcuna tecnica particolare per camminare su di un sentiero, ma solo alcune regole da osservare per non affaticarsi più del necessario e per non correre rischi inutili. Sembra inverosimile, ma le statistiche affermano che il 68% degli incidenti in montagna avvengono proprio sui sentieri e sugli itinerari facili che l'escursionista affronta senza la necessaria concentrazione proprio per la mancanza di difficoltà. La disattenzione è quindi il pericolo più grave per cui si raccomanda di concentrarsi sempre sulla marcia guardando dove si sta andando e dove si mettono i piedi. È soprattutto al mattino, quando si muovono i primi passi, oppure al ritorno da una gita quando si è presi dalla stanchezza, che bisogna richiamare l'attenzione perchè vigili sui riflessi nel momento in cui sono più appannati. La camminata su di un sentiero non è molto diversa da quella normale anche se risulta influenzata dalla calzatura. È fuori discussione che si cammina molto meglio con una pedula leggera che non con uno scarpone pesante a suola rigida. Una certa importanza va invece data alla ampiezza del passo e al ritmo: perciò passi proporzionati alle proprie gambe (comunque di preferenza corti se si affronta un sentiero ripido) e un ritmo regolare senza strappi. In genere è bene iniziare a marciare lentamente per dar modo ai muscoli di riscaldarsi e solo in seguito si può eventualmente forzare il ritmoSi evitino le scorciatoie che tagliano i tornanti: in salita, perchè sottopongono il fisico ad una specie di faticoso interval-training, in discesa perchè, uscendo dal tracciato, si finisce alla lunga per contribuire al degrado del suolo. Se ad un certo punto non si trova più il segnavia seguito, è bene ritornare subito sui propri passi fino all'ultimo segnale individuato e da lì riprendere la marcia facendo più attenzione al segnale successivo o vagliando le eventuali possibilità alternative.

La sosta

Ci si ferma a riposare ad intervalli regolari e non ogni qualvolta il cuore dà un modesto sintomo di accelerazione. Su di un tempo medio di marcia di tre quattro ore si possono prevedere soste di una decina di minuti ogni ora. Durante la pausa sarà opportuno mettere a terra lo zaino, specialmente se pesante, e approfittarne per assumere qualche cibo e bevanda energetica (mai ghiacciata).Se si è sudati, ci si dovrebbe sempre coprire con la giacca per evitare un eccessivo raffreddamento.

Progressione su terreno impegnativo

Quando l'itinerario si snoda in zone prive di sentiero, si deve accentuare l'attenzione, sia per individuare il percorso più conveniente che deve tener  conto della morfologia del terreno, sia per non inciampare o scivolare. È un tipo di terreno sul quale si trovano a disagio molti escursionisti anche ben allenati ma abituati solo a camminare su sentieri battuti. Richiede equilibrio e conoscenza dell'ambiente dell'alta montagna. Procedendo su grossi massi morenici, si faccia molta attenzione alla loro stabilità. Dovendo invece risalire un canale ghiaioso (accade spesso nelle zone dolomitiche e calcaree), si preferisca tenersi ai bordi o comunque nelle zone dove si trovano le pietre più grosse o dove la ghiaia lascia posto al più compatto terreno sottostante. Tanto è noiosa la salita nei canali o sui pendii ghiaiosi, altrettanto può essere divertente la discesa specialmente se le pietre sono minute: si scende quasi saltellando affondando con decisione il tallone dello scarpone (è da evitare assolutamente la corsa incontrollata).Un ripido pendio privo di tracce si risale zigzagando e se è franoso richiede la massima attenzione per non far precipitare pietre sulle teste degli  escursionisti che seguono. Su di un terreno così precario, le comitive procedono molto ravvicinate proprio per prevenire che venga colpito da una scarica chi si trova in coda. Il pendio erboso è quello che offre le maggiori insidie, specialmente dove è presente un'erba a fili lunghi che lo rendono molto scivoloso soprattutto dopo un periodo di piogge. Su questo terreno sarà opportuno calzare scarponi con suola rigida che offrono più garanzie di stabilità. Si procede cercando di sfruttare, se è possibile, i cuscinetti erbosi; altre volte si dovrà conficcare con energia il bordo dello scarpone nel terreno; si eviti invece sempre di procedere strisciando, sia in salita che in discesa.

 

Progressione su terreno innevato

Può capitare quando al termine della stagione invernale o al principio della primavera si trovano tratti ancora ricoperti dalla neve. Sono situazioni in cui l'escursionista si muove su di un terreno che rientra nel campo dell'alpinismo e richiede una tecnica particolare. In questi casi ci si deve sempre informare prima della partenza sullo stato del sentiero per evitare di trovarsi impreparati (magari con le scarpe da ginnastica) di fronte a passaggi brevi ma impegnativi. È sufficiente la traversata di un canalino rivestito di neve dura per mettere in crisi il più esperto degli escursionisti. L'importante è di essere consapevoli del pericolo che simili ostacoli presentano in mancanza di ramponi e di piccozza. Se ad esempio si deve risalire un canalone innevato, si farà un gradino per ogni piede, preferibilmente lungo la linea di massima pendenza, così da evitare tratti in diagonale che risultano sempre i più pericolosi per il mantenimento dell'equilibrio e perché accentuano il senso del vuoto. Se la neve è dura si inciderà una tacca con ripetuti colpi della punta dello scarpone. Se è molle o crostosa, si farà il passo in due fasi: nella prima, di assestamento, si comprime la neve con lo scarpone; nella seconda si carica progressivamente su di essa l'intero peso del corpo. Con una tale precauzione si evita di affondare ad ogni passo in modo eccessivo e si limita la fatica. Nei percorsi diagonali, invece, la tacca nella neve viene creata di volta in volta con un colpo dato col bordo degli scarponi. In ogni caso, se non si è abbastanza sicuri, è meglio ritornare indietro e ritentare più avanti nella stagione quando lo scioglimento della neve renderà quel passaggio privo di qualsiasi pericolo.

La discesa

La discesa comporta in genere più problemi della salita anche per la fatica accumulata nelle gambe e per la sollecitazione cui sono soggetti ginocchia e reni. L' errore più comune è quello di spostare il peso del corpo all'indietro alla ricerca di un appoggio il che porta a scivolare con i piedi e a cadere sul sedere. Per una corretta discesa si possono dare queste regole:

-tenere una posizione eretta, con leggera inclinazione del busto in avanti e il peso sui talloni, così si evita di scivolare e cadere sul dorso;

- controllare la velocità facendo piccoli passi veloci ;

-se si ha uno zaino sulle spalle, allacciare la cinghia ventrale, per evitare i

dondolii e le scosse;

- in ogni caso, utilizzare le braccia come bilanciere per mantenere l'equilibrio;

- avere sempre gli occhi in anticipo sui piedi, ad ogni passo aver già previsto i

due seguenti.